Il metodo Ponseti

IL METODO PONSETI

Basandosi sulla conoscenza dettagliata dell’anatomia patologica e funzionale del piede torto e della auxologia del piede, questo metodo, attraverso l’esecuzione di precise e delicate manovre manipolative associate a un gesto chirurgico “mini-invasivo”, ha dimostrato di poter:

  1. Praticare in tempi molto rapidi una correzione anatomo-funzionale in più del 95% dei casi indipendentemente dalla gravità iniziale;
  2. b) Prevenire e trattare le possibili recidive con un preciso protocollo di cura senza dover ricorrere necessariamente al trattamento chirurgico.

Rispetto ad altre tecniche o protocolli di trattamento adottati, il metodo Ponseti consente di ottenere:

  1. a) Risultati clinico-funzionali a breve e lungo termine facilmente e rapidamente riproducibili se la metodica è praticata da personale medico ben addestrato;
  2. b) Un rapporto più conveniente di 4:1 in termini di costi/ efficacia rispetto alla metodica manipolativa di Kite ed a quella funzionale francese e addirittura di 6:1 rispetto al trattamento chirurgico;
  3. c) Minore rischio di recidive sia in termini quantitativi che di gravità clinica.

Classicamente nel metodo Ponseti s’ identificano tre fasi distinte:

  1.  LA FASE CORRETTIVA
  2.  LA FASE DI MANTENIMENTO DELLA CORREZIONE MEDIANTE IL TUTORE
  3. LA FASE DI OSSERVAZIONE CLINICA DOPO LA DISMISSIONE DEL TUTORE

 

manipulation-and-casting[1]

Deve essere iniziata preferibilmente entro le prime due settimane di vita del/la bambino/a per poter sfruttare al meglio la minore rigidità delle strutture muscolo- tendinee e capsulo-legamentose accorciate eretratte e la capacità di rapido rimodellamento degli abbozzi osteo–cartilaginei delle ossa del piede, una volta corretti i loro alterati rapporti anatomici. La fase correttiva incruenta dura circa 4-6 settimane e consente di correggere tutte le deformità tranne l’equinismo rigido. In casi non particolarmente gravi, è possibile eseguire un protocollo di trattamento “accelerato” con tappe correttive a cadenza più serrata (ogni 3-5 giorni), ma con efficacia equiparabile al protocollo originale sia in termini di correzione finale che di successivo passaggio alla fase di mantenimento in tutore.

Dopo ogni manovra manipolativa che consiste in una graduale abduzione del piede in supinazione al disotto dell’astragalo sulla cui testa si esercita una contropressione, il piede viene immobilizzato nella posizione di correzione ottenuta con un apparecchio gessato femoro-podalico a ginocchio flesso a 90°-100°. Le manovre manipolative e l’applicazione dell’apparecchio gessato vengono eseguite ogni settimana contestualmente alla rimozione dell’apparecchio gessato precedente.

Le manovre devono essere delicate e non devono mai superare i limiti di elasticità delle strutture anatomiche che devono essere allungate.

Un buon modellamento del gesso a livello del calcagno ed una flessione del ginocchio anche fino a 100° consentiranno di ridurre notevolmente lo scivolamento del piede all’interno del gesso che tende a verificarsi soprattutto durante la I° e la II° tappa correttiva.

Il protocollo originale ideato dal Prof. Ponseti prevede l’uso delle bende gessate classiche per poter modellare al meglio l’apparecchio gessato durante le varie tappe correttive, ma negli ultimi tempi inalcuni centri specialistici si usano routinariamente bende fatte di materiale sintetico rigido (“soft cast”) con un’efficacia equiparabile in termini di capacità correttiva a quella del gesso convenzionale.

La correzione dell’equinismo non deve essere forzata per evitare deformità iatrogene. Una modica e graduale spinta correttiva in talismo consentirà di correggere anche l’equinismo purtroppo, però, solo in un limitato numero di casi (circa il 15%). Il numero degli apparecchi gessati richiesti oscilla dunque fra i 4 ed i 6.

La manovra correttiva di Ponseti, per essere efficace ed ottenere i migliori risultati, dovrà essere eseguita seguendo questi principi fondamentali:

  1. Tutte le deformità del piede torto devono essere corrette simultaneamente (ad eccezione dell’equinismo).
  2. Il cavismo, causato dalla pronazione dell’avampiede rispetto al retropiede, viene correttomantenendo l’avampiede in supinazione, allineando così correttamente i metatarsi nei diversi piani dello spazio.
  3. Mantenendo il piede in lieve supinazione ed equinismo, il piede deve essere abdotto dolcemente al di sotto dell’astragalo che viene mantenuto stabile nel mortaio tibio-peroneale dal pollice dell’altra mano.
  4. Una volta ottenuta l’eversione completa del calcagno è possibile eseguire la correzione dell’equinismo con la tenotomia percutanea del tendine di Achille quando è presente una limitazione della flessione dorsale del piede al disotto dei 10°.
  5. Nei casi in cui si ottenga una soddisfacente flessione dorsale del piede, ma non si apprezzi con sicurezza la presenza del calcagno nel tallone (mancata “discesa” del calcagno), è utile praticare un esameradiografico del piede in massimo talismo in proiezione laterale.

In caso di tendenza al piede reflesso, l’indicazione alla tenotomia è assoluta. Nell’85% dei casi il tendine di Achille per essere allungato necessita quindi di una tenotomia percutanea.

Quest’ultima è una procedura chirurgica mini-invasiva che può ò essere eseguita in sedazione assistita o in anestesia locale in regime di ricovero giornaliero o ambulatoriale a seconda dell’organizzazione della struttura ospedaliera e delle preferenze del chirurgo e dell’anestesista. Entrambe le metodiche anestesiologiche sono efficaci e sicure per il bambino e per la buona riuscita dell’intervento.

Rispetto alle tecniche a cielo aperto, la tenotomia percutanea del tendine di Achille è preferibile perché ha il vantaggio di non provocare cicatrici antiestetiche particolarmente evidenti in età adulta e aderenze retraenti in sede paratendinea.

Dopo la tenotomia, il piede viene immobilizzato in apparecchio gessato femoro-podalico a ginocchio flesso in massima flessione dorsale (15°-30°) ed abduzione (70°) per 3-4 settimane onde ottenere la completa cicatrizzazione del tendine di Achille.  Dopo la rimozione del gesso, si passa alla fase di mantenimento della correzione in tutore.

 

 

Per mantenere la completa correzione anatomica e funzionale del piede e contrastare efficacemente la tendenza della malattia a sviluppare una recidiva durante la crescita successiva, è indispensabile l’impiego di un tutore ortopedico. Il tutore deve mantenere il piede in abduzione per circa 60°-70° ed in talismo per circa 10°-15°.Questa posizione si realizza mediante scarpette mantenute solidali ad una barra da un meccanismo a ghiera regolabile fra 0° e 90°.

Le scarpette sono imperniate sulle estremità della barra stessa che è piegata verso l’alto per mantenere il piede in talismo per circa 10°-15°.

Il primo tutore di questo tipo fu ideato dall’ortopedico australiano Denis Brawn nella prima metà del secolo scorso. Sono stati realizzate diverse varianti rispetto all’originale e le maggiori differenze riguardano la barra e la connessione barra-calzatura.

La barra può essere rigida o elastica e la calzatura può essere mantenuta fissa sulla barra o articolata.Un classico tutore a barra rigida è quello di Mitchell-Ponseti, ideato appunto dal Prof.Ponseti.

La barra elastica consente al bimbo una maggiore libertà di movimento degli arti inferiori con un effetto di stimolo sulla muscolatura, come il tutore ideato e realizzato recentemente dal Dott. Ignazio D’Addetta.

Il tutore, indossato subito dopo la rimozione dei gessi post-tenotomia, rappresenta la “pillola giornaliera” indispensabile per proseguire la cura della malattia in quanto è in grado di:

  1. Mantenere in tensione le strutture capsulo-legamentose della caviglia e del piede e, soprattutto le strutture muscolo-tendinee della gamba che, per probabile errore genetico, tendono a crescere poco in lunghezza (se non opportunamente trazionate dal tutore) e che probabilmente rappresentano la causa principale della deformità e quindi della recidiva.
  2. Mantenere la corretta posizione degli abbozzi osteo-cartilaginei del tarso a livello delle articolazioni del piede, promuovendone così lo sviluppo ottimale;

Pur conoscendo l’importanza che il tutore in abduzione riveste per la metodica Ponseti, non è raro che, durante questa fase, genitori e bambini possano “rifiutare” completamente il tutore o ridurre i tempi di  applicazione.

Se una famiglia segnala delle difficoltà nell’uso del tutore, bisogna saper cogliere con attenzione questo “campanello d’allarme” valutando se queste difficoltà sono da imputare ad un’iniziale recidiva, ad un posizionamento non corretto del tutore o ad una fase di crescita “caratteriale“ del bambino che comincia a rifiutare il tutore stesso.

Per poter migliorare la conformità al trattamento col tutore sono state provate varie strategie per renderlo più gradito al piccolo paziente e per migliorare la comunicazione con le famiglie attraverso diverse strategie (“depliants” informativi, siti divulgativi, “blogs tematici”).

Al momento purtroppo non è possibile, a parità di correzione, predire per un singolo bambino la possibilità d’incorrere in una recidiva non conoscendone ancora esattamente le cause e quanto queste possano influire a stimolare, nel singolo paziente, una recidiva.

Ad oggi, l’unico mezzo statisticamente efficace, documentato e in grado di ridurre al minimo il rischio di recidiva è una buona adesione al protocollo durante la fase di contenimento in tutore. Il suo uso corretto, infatti, riduce il rischio di recidiva dal più del 50% all’8%-9%, come abbiamo più volte ripetuto.

Il tempo di applicazione del tutore varia a seconda della gravità della deformità iniziale, della correzione ottenuta e della maggiore o minore “lassità” del piede in termini di ampiezza dell’articolarità.

Subito dopo la rimozione dei gessi post-tenotomia, è preferibile per uno-due mesi l’applicazione a tempo pieno giorno e notte.

Successivamente il tutore può essere rimosso per più ore al giorno per consentire al bimbo di attivare al meglio la muscolatura ed i movimenti del piede. Le ore di rimozione dipendono dai fattori prima esposti e dall’esperienza del singolo operatore.

Dopo l’inizio della deambulazione, il tutore sarà applicato solo durante la notte e le ore di riposo pomeridiano.

Durante la fase di applicazione del tutore, i controlli clinici dovranno essere all’inizio frequenti e poi progressivamente più distanziati nel tempo, una volta sicuri del corretto uso del tutore da parte della famiglia.

Le scarpette dovranno essere cambiate man mano che il piede cresce e la barra dovrà essere allungata tenendo presente che la distanza fra il centro delle ghiere di rotazione delle scarpette deve corrispondere alla distanza fra il centro delle spalle

SE LA CORREZIONE E’ STATA RAGGIUNTA NEI PRIMI MESI DI VITA

1. TUTORE × 23 H AL GIORNO PER I PRIMI 3 MESI DI TRATTAMENTO

2. SVEZZAMENTO PROGRESSIVO DI 2 H AL MESE (PARTENDO DA 20 H AL GIORNO)

3. 12/14 H AL GIORNO DURANTE LA NOTTE FINO AI 5 ANNI DI ETA’ DEL BAMBINO

SE LA CORREZIONE E’ STATA RAGGIUNTA DOPO GLI 8-9 MESI E GATTONANO

1. TUTORIZZAZIONE PER 18-20 H AL GIORNO PER 2 MESI

2. MANTENERE IL TUTORE × 16 H AL GIORNO PER 3-4 MESI

3. 12/14 H AL GIORNO DURANTE LA NOTTE FINO AI 5 ANNI DI ETA’ DEL BAMBINO

SE LA CORREZIONE E’ STATA RAGGIUNTA TRA IL 2°-4° ANNO DI ETA’

1. 12/14 H AL GIORNO FINO AI 5 ANNI DI ETA’ DEL BAMBINO

SE LA CORREZIONE E’ STATA RAGGIUNTA DOPO I 4 ANNI DI ETA

1. SE  TOLLERA IL FAB MANTENERLO ALLA NOTTE PER 1-2 ANNI

2. IN CASO DI NON COMPLIANCE AL FAB USARE UN AFO

LA FASE DI OSSERVAZIONE CLINICA DOPO LA DISMISSIONE DEL TUTORE.

L’organizzazione di un corretto programma di controlli successivi all’abbandono del tutore consente di identificare precocemente i rari casi di recidiva dopo i quattro anni di età e di verificare che lo sviluppo dei nuclei di ossificazione delle ossa del piede proceda bene.

I controlli dovranno essere effettuati ogni sei mesi e poi una volta all’anno o ogni due anni fino al termine di accrescimento scheletrico. La segnalazione dei genitori di “qualcosa che non va” nell’atteggiamento del piedino soprattutto durante la deambulazione richiede un controllo immediato da parte dell’operatore